Pasquale Porro, Il tema delle età dell'uomo nel IV trattato del Convivio dantesco
Dopo aver introdotto e spiegato la propria peculiare definizione della nobiltà («seme di felicitade, messo da Dio nell’anima ben posta»), Dante dedica un’ampia sezione del IV trattato del Convivio alla descrizione dei segni esteriori «per li quali conoscere si puote il nobile uomo che detto è». Tali segni corrispondono alle «operazioni» che la nobiltà stessa produce nelle quattro età della vita dell’uomo: adolescenza, gioventute, senettute e senio. Se la suddivisione di queste età non è in sé particolarmente originale, maggiormente degna di attenzione è la funzione che essa svolge in questo contesto specifico. Il tema delle età della vita permette infatti a Dante innanzi tutto di chiarire – attraverso l’uso di nozioni tecniche quali quelle di «complessione» e «umido radicale» – i presupposti medico-fisiologici della durata dell’esistenza umana (IV xxiii), e successivamente di illustrare in concreto il rapporto tra disposizioni dell’anima e manifestazioni corporee (IV xxiv-xxviii). La partizione delle «quattro etadi» non rappresenta così una digressione meramente estrinseca, quasi una sorta di semplice omaggio a una tradizione consolidata, ma rivela il retroterra specifico entro cui deve essere compresa la trattazione dantesca della nobiltà: l’ambito delle discussioni medico-filosofiche sulla fisiologia umana, sui processi riproduttivi e sulla correlazione anima-corpo, che costituisce il campo d’indagine della fisiognomica.